L'Alto Vicentino, terra di operosità e sede di una delle zone industriali più importanti del Veneto, quella di Schio, porta con sé una storia di impegno e dedizione al lavoro. Un passato fatto di fabbriche che hanno plasmato il territorio e costruito la sua identità economica. Tuttavia, in questo contesto ricco di tradizione, permangono alcune mentalità e concezioni del lavoro che, a nostro avviso, faticano ad adattarsi alle dinamiche del mondo contemporaneo e rischiano di ostacolare una vera evoluzione.
Ancora oggi, si percepisce una forte enfasi sull'orario di lavoro prolungato come metro di giudizio della dedizione di un dipendente. Quasi che chi si allontana dal posto di lavoro allo scoccare della fine del turno sia visto come meno impegnato o desideroso di "scappare". Questa mentalità quantitativa spesso oscura la qualità del lavoro svolto e l'efficienza reale, perpetuando un modello obsoleto di presenza fisica come sinonimo di produttività.
Un altro aspetto critico riguarda la gestione dei colloqui di lavoro. Troppo spesso, chi si trova a selezionare personale non possiede le competenze basilari per condurre un colloquio efficace. Non si tratta di pretendere figure da "Human Resources" specializzate, ma di auspicare una maggiore consapevolezza su come strutturare un incontro conoscitivo, quali domande porre e come valutare realmente un candidato.
Il tema della discriminazione nel mondo del lavoro è purtroppo ancora attuale anche nelle nostre zone. La prassi italiana di includere foto, età, genere e dettagli strettamente personali nel curriculum vitae, in contrasto con approcci più neutri adottati in altri paesi come gli Stati Uniti, apre la porta a pregiudizi inconsci. Inoltre, la persistente abitudine di chiedere alle donne informazioni sulla maternità durante un colloquio rappresenta una grave violazione della parità di opportunità e un retaggio culturale difficile da sradicare.
La tossica idea dell'azienda come "famiglia" è un altro concetto radicato che meriterebbe una profonda revisione. Sebbene un ambiente di lavoro collaborativo e positivo sia auspicabile, equiparare l'azienda a una famiglia rischia di sfociare in dinamiche di sfruttamento emotivo, scarsa chiarezza sui ruoli e difficoltà nel far valere i propri diritti. Il rapporto lavorativo si basa su un contratto e su precisi doveri e diritti reciproci, non su legami affettivi.
Un ulteriore elemento di riflessione riguarda la qualità della leadership e della gestione aziendale. Troppo spesso, nella nostra zona, si riscontrano figure manageriali, responsabili di reparto e persino datori di lavoro che ricoprono ruoli chiave senza possedere titoli di studio o competenze specifiche adeguate per tali posizioni. Questa situazione può portare a una gestione inefficiente, a decisioni non sempre ottimali e a una mancata valorizzazione del potenziale dei dipendenti con competenze più aggiornate.
L'approccio alla ricerca del candidato ideale dovrebbe iniziare con una domanda fondamentale: stiamo cercando un numero o una persona?
Se l'azienda è alla ricerca di figure con competenze specifiche e un potenziale di crescita significativo – pensiamo a un ingegnere meccanico con esperienza in progettazione CAD avanzata o a un analista di dati con competenze in machine learning – il colloquio deve riflettere questa ricerca di talento.
L'incontro dovrebbe aprirsi con un reale interesse manifestato dal datore di lavoro verso il curriculum del candidato, trasmettendo la sensazione che la sua candidatura sia stata attentamente valutata e abbia suscitato curiosità. Questo crea nel candidato la positiva conferma di essere considerato per le proprie capacità, non come una semplice risorsa intercambiabile.
Ne conseguirà un colloquio personalizzato, focalizzato su domande specifiche relative alle esperienze e alle competenze riportate nel curriculum, evitando la generica e spesso frustrante domanda: "Mi parli di lei", adatta forse a ruoli più generici e meno specialistici. Invece, si potrebbero porre domande come:
"Nel suo progetto precedente, ha gestito un team di sviluppo di cinque persone. Quali sono state le principali sfide che ha incontrato e come le ha superate?" oppure "Nel suo curriculum cita una profonda conoscenza del software XYZ. Potrebbe descriverci un progetto specifico in cui ha utilizzato questo strumento e quali risultati ha ottenuto?".
Questo approccio non solo dimostra attenzione al percorso del candidato, ma permette anche di valutare la veridicità delle competenze dichiarate.
Sia che stiate cercando "numeri" o che siate alla ricerca di "persone", è giunto il momento di un cambio di paradigma: non sono più i candidati a doversi presentare e "vendere" al meglio a voi, siete voi titolari e le vostre aziende a doverlo fare! Invogliateli voi questi giovani che spesso criticate per una presunta mancanza di volontà: siate seri, professionali, date spontaneamente quelle informazioni sullo stipendio invece di creare disagio nei candidati mettendoli nella posizione di dovervele "estorcere" (per la cronaca, solo in Italia sembra inammissibile chiedere informazioni retributive durante un colloquio!). Smettetela di chiedere le aspettative salariali, perché conosciamo bene i vostri ragionamenti: se un candidato chiede troppo è fuori budget, se chiede poco sembra disperato, e se osa chiedere spontaneamente la retribuzione "pensa solo ai soldi". Siate onesti: non spacciate per benefit il telefono o il PC aziendale. Se sono strumenti INDISPENSABILI per svolgere le mansioni, non sono benefit, ma dotazioni di base per poter lavorare! I benefit sono un "di più", un valore aggiunto all'offerta. Dopo anni di comportamenti scorretti, sfruttamento, mobbing e burnout, un tempo forse tollerati ma oggi sempre meno accettati grazie alla rapida circolazione delle informazioni online, dovete essere pienamente consapevoli della vostra reputazione digitale. Le opinioni di chi ha lavorato con voi, di chi ha sostenuto colloqui o ha avuto collaborazioni, lasciano tracce indelebili su internet.
È tempo che l'Alto Vicentino, pur forte della sua storia industriale, abbracci una nuova mentalità lavorativa, più attenta alla qualità del lavoro, alla valorizzazione del capitale umano, alla parità di opportunità e a pratiche di gestione del personale moderne e rispettose. Le "vecchie maniere" rischiano di non aprire le porte a un futuro del lavoro più dinamico e competitivo.
E tu cosa ne pensi di questa situazione? Commenta, condividi la tua esperienza e non dimenticare di seguire la nostra pagina Facebook Occhio all'Annuncio - Lavoro Alto Vicentino per rimanere aggiornato su altri contenuti e discussioni sul mondo del lavoro nella nostra zona!"
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